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I Turchi attaccano l'Europa

Nella prima metà del XVI secolo tre immense formazioni politiche (Ottomana, Safavide e Moghoul) che si richiamavano alla religione musulmana, dominavano una vastissima area geografica che andava dal Marocco all'Etiopia, che arrivava all'Asia: alla regione dell'Himalaya e, più oltre, fino al golfo del Bengala. L'impero più potente ed insidioso era quello Ottomano che si incuneava, risalendo i Balcani fin nel cuore dell'Europa cristiana, ma c'erano anche altri più piccoli stati che contribuivano a comporre un immenso mosaico di paesi islamici forti e complessivamente evoluti. Essi riunivano sotto il medesimo stendardo (la mezzaluna) e sotto un medesimo credo religioso (l'islamismo sunnita), popolazioni diverse: c'erano Greci e Arabi, Bulgari e Serbi che si aggiungevano all'etnia turca dell'Anatolia.

L'Impero Ottomano venne fondato dalla conquista dei territori bizantini e di Costantinopoli - da allora chiamata Istanbul - da parte dei Turchi di Maometto II (1481). Esso raggiunse la fase di maggiore gloria militare, di razionale organizzazione politica e di fioritura culturale con Solimano I il Legislatore o Il Magnifico (1520-1566), il quale intraprese una serie di fortunate campagne militari. Vincendo a Mohàcs poté sconfinare con le sue armate in Ungheria per poi assediare la stessa Vienna (1529 e nel 1533). L'Europa assistette a questi avvenimenti ammirata e terrorizzata, cercando di coordinare una risposta militare e politica di fronte ad un espansionismo così debordante, di fronte ad un impero mirabilmente organizzato militarmente e ben strutturato dal punto di vista amministrativo. Costituito attorno alla persona del Sultano, l'Impero basava la sua organizzazione sul “divano”: il consiglio di governo alla cui guida era posto il Gran Visir, assimilabile ad un primo ministro. I governatori delle province (beylerbeyi) e delle ripartizioni distrettuali (sanjaq beyi) costituivano la trama dell’amministrazione periferica. La forza militare era data, oltre che da alcuni corpi stabili come quello dei giannizzeri, dalle armate predisposte dai governatori e guidate, nelle imprese belliche, dai cavalieri.

All'epoca di Solimano il Magnifico non solo Venezia aveva perduto le sue basi commerciali nell'Egeo, ma tutto il Mediterraneo era divenuto pericoloso per la navigazione degli occidentali: da Algeri e Tunisi partivano, infatti, le scorrerie piratesche; leggendarie per ferocia e abilità quelle di Khair-ad din (conosciuto dai cristiani come il Barbarossa). Inevitabile, perché in gioco c'erano la sopravvivenza politica dell'Europa, la sua prosperità economica, la sua identità culturale e religiosa, era dunque lo scontro tra l'Imperatore Carlo V e le armate della mezzaluna turca. Scontro inevitabile e tuttavia carico di complesse insidie: i Turchi di Solimano erano infatti anche abili strateghi politici, capaci di stringere alleanze a vasto raggio, mentre i cattolici erano tutt'altro che uniti; nel contempo, i tentativi di Carlo V, di riportare i cristiani a Tunisi e ad Algeri volsero tutti al fallimento.

Lo scontro religioso, dopo che si era realizzata una totale identificazione tra Carlo V e il suo erede Filippo II con gli interessi della "vera" religione cristiana, tornò ad evocare scenari di sapore tipicamente altomedievale: della crociata e della reconquista. Ecco quanto ebbe a scrivere lo stesso Imperatore in occasione del suo discorso di abdicazione (Bruxelles, 25 ottobre 1555): "Io posi le mie forze e quelle di tutti i miei regni nell'incremento della religione cristiana contro il Turco. Ma, sebbene fosse questo il mio zelo, non potei soddisfarlo come volevo, per il disturbo e imbarazzo che mi è stato fatto in parte dalle eresie di Lutero e degli altri innovatori eretici di Germania, in parte dai principi vicini e da altri, che per inimicizia e invidia mi sono sempre stati contrari mettendomi in pericolose guerre, dalle quali col favore divino fino ad oggi sono uscito felicemente". D'altro canto lo stesso Sulaiman I si riteneva chiamato alla guerra santa volta alla conversione del mondo all'islamismo. Conquista politico-culturale che ebbe allora tratti di sostanziale tolleranza per i cristiani della Grecia, per gli Ebrei, per gli Armeni. Tuttavia, anche l'Impero turco era tutt'altro che unito: le rivalità tra sciiti e sunniti davano luogo a frequenti rivolte e ribellioni e, poco dopo la morte di Solimano il Magnifico, una flotta allestita congiuntamente da Veneziani e Spagnoli sconfisse i Turchi nella battaglia di Lepanto (1571) che la superstizione cattolica vide subito come un miracolo della Madonna. Logorati dalle lotte interne, privi degli apporti di ricchezza dovuti alle conquiste, con il commercio della seta che era entrato sotto il controllo degli Inglesi e degli Olandesi i quali, circumnavigando l'Africa con le loro navi, aggiravano ormai i territori Turchi, gli Ottomani furono avviati ad un rapido declino: l'esercito dei leggendari giannizzeri perse lustro e disciplina, le tasse furono via via rese più pesanti, la burocrazia fu minata da una corruzione crescente. Solo con la famiglia di origine albanese dei Köprülü, tra il 1656 e il 1699, si ebbe una ripresa dell'iniziativa politico-militare turca, ma la sconfitta inflitta loro da Jan Sobieski nella battaglia del Kahlenberg, e poi la riconquista di tutta l'Ungheria e della Transilvania da parte della lega Santa (Austria, Polonia, Venezia, il papa e Russia, dal 1686) conclusasi con la pace di Carlowitz  (1699) diede avvio al definitivo declino dell'impero Ottomano.

Bibliografia

A. Bombaci, L'Impero Ottomano, Torino, 1981

P. Preto, Venezia e i Turchi, Firenze, 1975

L. Valensi, Venezia e la sublime porta. La nascita del despota, Bologna, 1989