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I comuni

La nascita dei comuni

Fra la fine dell'XI secolo e l'inizio del XII in tutta l'Europa occidentale gli abitanti della città, favoriti da una formidabile crescita demografica ed economica, si organizzano per governarsi da soli, e giurano a tal fine di aiutarsi l'un l'altro: questa associazione giurata, destinata ad articolarsi in peculiari organi e magistrature, prende il nome di Comune. Il processo di formazione delle autonomie comunali si svolge tuttavia in modi molto diversi nell'Europa continentale e in quella mediterranea, a seconda delle differenti condizioni di partenza. Nel Mezzogiorno d'Europa, dove i contadini risultano normalmente assoggettati al potere dei signori locali, padroni dei castelli, gli abitanti delle città sono uomini liberi, che trovano una guida politica (oltre che morale) nella figura del vescovo e restano sotto la protezione dell'autorità imperiale. La nascita del Comune rappresenta davvero il momento in cui essi, pur senza rifiutare all'imperatore l'obbedienza, il pagamento di determinate imposte e un'occasionale collaborazione militare, rivendicano il diritto all'autogoverno, limitandosi a riconoscere al vescovo una partecipazione (destinata a venir meno col tempo) nel nuovo sistema istituzionale. Soprattutto in Italia, infatti, l'evoluzione secolare va in direzione della piena indipendenza dei centri urbani, fino alla loro trasformazione in città-stato sovrane. Nell'Europa centro-settentrionale, per contro, la popolazione urbana, solitamente composta di mercanti e artigiani, senza quella presenza di nobili che costituisce un punto di forza delle realtà del Sud, deve sottostare ad un potere signorile non diverso da quello affermatosi nelle campagne; cosicché l'associazione giurata dei cittadini ha qui come scopo quello di limitare le pretese del signore, negoziando una qualche forma di autonomia amministrativa e giudiziaria che può restare ben lontana dal vero e proprio autogoverno. In prospettiva sarà il re - soprattutto in Francia e in Inghilterra - a intervenire come mediatore, facendo alle città concessioni anche ampie, ma impegnandole comunque a rispettare l'autorità signorile o sostituendo questa con una dipendenza diretta dalla Corona.

da A. Barbero e C. Frugoni