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L'Europa alla fine del Medioevo

Tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento il movimento espansivo che aveva caratterizzato l'Occidente nel corso dei precedenti tre secoli si arresta e la società mostra, a vari livelli, preoccupanti segni di crisi.

Episodi magari delimitati, ma di grande valore simbolico, colpiscono i contemporanei e forniscono agli storici di oggi indizi importanti. Fra questi vi è senz'altro il moltiplicarsi di scioperi, sommosse urbane, rivolte che incendiano soprattutto le Fiandre e la Francia fra il 1280 e il 1306; l'interruzione dei lavori nei cantieri delle cattedrali (a Beauvais, le cui volte crollano rovinosamente nel 1284, Narbona, Colonia e più tardi Siena); i fallimenti a catena delle grandi compagnie mercantili-bancarie fiorentine fra il 1343 e il 1346. In realtà a mostrare sicuri sintomi di difficoltà è innanzitutto il settore che, verso il Mille, aveva messo in moto lo sviluppo: quello agrario. Condizionata dai mutamenti del clima, divenuto più freddo ed umido, indebolita da una colonizzazione talvolta indiscriminata, sottoposta alla pressione di una popolazione a lungo in crescita, l'agricoltura non appare più in grado di assicurare livelli ottimali di prodotto. Il primo risultato di tale squilibrio è la frequente ricomparsa delle carestie, tra cui spicca, per la sua intensità ed ampiezza, quella del 1315-1317. Ma a questa recrudescenza della fame, che interessa in misura diversa l'intero Continente, si correla anche un pericoloso regresso nelle condizioni di vita degli uomini e un graduale venir meno delle capacità di resistenza del loro organismo dinanzi alle malattie. Per averne la prova non c'è bisogno di attendere molto. Nel 1347-48 la peste, nella contagiosissima forma polmonare, si abbatte sull'Europa, decimando forse un terzo della sua popolazione e provocando contraccolpi economici, sociali e psicologici di enorme portata. Una volta passata la fase acuta, inoltre, il flagello rimane in Occidente allo stato endemico, con frequenti ricomparse. Come se tutto ciò non bastasse, la guerra, con il suo corteo di morte, distruzione e miseria, costituisce la compagnia quotidiana di generazioni di europei: le guerre di Scozia e di Castiglia, quelle fra le città italiane, quelle sul Baltico con la Hansa, ma soprattutto il conflitto che dal 1337 al 1453 oppone la Francia all'Inghilterra contribuendo decisamente, nel bene e nel male, a plasmarne la storia successiva. Le molteplici tensioni cui è sottoposta la società europea alimentano nuove esplosioni di malcontento sociale. Nel 1358 una violenta sollevazione antinobiliare - la jacquerie - insanguina le campagne della Francia già prostrata da vent'anni di guerra saldandosi temporaneamente con le rivendicazioni della borghesia urbana contro la politica fiscale della monarchia; nel 1378 il Tumulto dei Ciompi, insurrezione degli operai dell'industria tessile cittadina in lotta per ottenere migliori condizioni di vita e una rappresentanza politica dei loro interessi, paralizza Firenze; nel 1381 i contadini e i tessitori dell'Essex e del Kent, suggestionati anche dalla voce di predicatori itineranti, si armano contro l'aumento delle tasse e le misure di contenimento dei salari varate dalla Corona inglese. E si tratta soltanto degli episodi maggiori. Se guardiamo agli Stati e ai tradizionali poli di potere potremo cogliere trasformazioni profonde. Le autorità "universali" del Medioevo brillano di luce più fioca. Il Papato appare indebolito dal lungo trasferimento ad Avignone (1309-1377), dalle divisioni del Grande Scisma (1378-1417), dal risorgere di movimenti ereticali come quelli fondati da John Wycliffe in Inghilterra e da Jan Hus in Boemia. L'impero è ormai ridotto unicamente a monarchia tedesca e l'imperatore deve il proprio prestigio più alla consistenza dei suoi dominii ereditari  che al titolo di monarca "universale"; il baricentro del regno, inoltre, si va spostando dal cuore della Germania all'Austria, dove cresce la potenza degli Asburgo. A ovest i protagonisti principali della nuova Europa sono ora la Francia, dove la dura esperienza della guerra ha rafforzato il sentimento nazionale accelerando il processo di formazione di uno stato centralizzato, e in prospettiva l'Inghilterra, che dopo un trentennio di guerra civile (guerra delle Due Rose, tra York e Lancaster, per la successione dei Plantageneti) scatenata dalle divisioni interne all'aristocrazia, si avvia dal 1485 ad una piena restaurazione dell'autorità del re sotto la dinastia dei Tudor. A est la spinta all'aggregazione si manifesta soprattutto nella costituzione, fra Tre e Quattrocento, di un grande regno polacco-lituano e nella crescita del principato di Mosca, che dopo essersi imposto sugli altri principati russi, dal 1480 si libera completamente dalla tutela del Canato dell'Orda d'Oro. A sud, nella Penisola iberica, dall'epica stagione della reconquista emergono i regni del Portogallo, di Castiglia e di Aragona, gli ultimi due destinati a realizzare una unità sempre più stretta, basata sullo sviluppo di una coscienza nazionale "spagnola". Con il ristabilimento della pace e l'emergere di governi più stabili anche la congiuntura economica torna favorevole, mentre la popolazione riprende lentamente a crescere. Alla fine del Medioevo l'Europa degli uomini d'affari e degli Stati è pronta per la sua avventura più grande: la scoperta del Nuovo Mondo.

Bibliografia

Storia del Medioevo, a cura di R. Fossier, vol. III, Il tempo delle crisi (1250-1520), trad. it., Torino, Einaudi, 1987, Parte I e III

A. Tenenti, La formazione del mondo moderno (XIV-XVII secolo), Bologna, Il Mulino, 1980, Parte I

Ch. Allmand, La guerra dei Cent'anni, trad. it., Milano, Garzanti, 1990