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L'Italia tra Medioevo e Rinascimento

Con la morte di Federico II e la successiva eclissi del potere imperiale si concludono due secoli di lotte fra Impero, Papato e Comuni italiani. Non si esauriscono tuttavia i conflitti per il potere all'interno dei centri urbani, dove la crescita demografica ed economica intensificatasi fra XII e XIII secolo ha portato alla ribalta sociale e politica il "popolo" delle professioni, che con le proprie organizzazioni (le Corporazioni di mestiere, le società armate) si contrappone alle vecchie aristocrazie dominanti. Lo scontro fra gli schieramenti, che continuano ad utilizzare  le etichette di guelfi e ghibellini lasciate in eredità dalla tradizione imperiale, è aspro e - malgrado le iniziali affermazioni del "Comune di popolo" - non sempre risolutivo. Il perdurare di un clima di instabilità spiega come in molti casi, soprattutto nell'Italia padana, il consenso si coaguli intorno ad un potente, magari di antica nobiltà, il quale punta a legittimare la sua "signoria" con titoli concessi dall'imperatore. Si apre così la strada al dominio di famiglie come gli Scaligeri a Verona, gli Estensi a Ferrara, i Della Torre e poi i Visconti a Milano, i Da Carrara a Padova, i Malatesta a Rimini, i Montefeltro a Urbino. Sviluppi diversi si hanno nel Mezzogiorno, dove la sconfitta di Manfredi nel 1266 e quella di Corradino nel 1268 portano sul trono meridionale il francese Carlo d'Angiò, che gode dell'appoggio del Papa e del sostegno finanziario dei banchieri fiorentini. Forte dei suoi possessi in Provenza, Piemonte e Italia meridionale, alleato delle forze guelfe, l'Angioino sembra destinato a costruire una grande potenza mediterranea; ma nel 1282 la rivolta del Vespro caccia i francesi dalla Sicilia e li costringe ad una lunga guerra con la dinastia iberica degli Aragonesi, risolta solo nel 1302 con il passaggio dell'isola ("Regno di Trinacria") sotto Federico III d'Aragona. All'inizio del XIV secolo la situazione italiana è comunque tutt'altro che stabilizzata. Anche dove un equilibrio interno è stato raggiunto, l'ambizione personale dei Signori e gli interessi economici dei regimi comunali convergono nel desiderio di costituire dominii più vasti e sicuri. Il Trecento e la prima metà del Quattrocento sono così caratterizzati da guerre incessanti con le quali le maggiori città-Stato tentano di sottomettere i centri minori finendo poi per misurarsi fra loro quando le direttrici del loro espansionismo entrano in collisione. Nel 1454, anno in cui la pace di Lodi pone fine a questa tormentata fase politico-militare inaugurando un quarantennio di pace e di stabilità, la carta d'Italia risulta decisamente semplificata. L'intero regno meridionale, comprese le isole, è ora inserito nell'“impero” mediterraneo di Alfonso d'Aragona; i vasti territori del Patrimonio di San Pietro, che tagliano longitudinalmente la Penisola, sono tornati sotto la sovranità del Papa; Firenze, dove l'apparenza delle istituzioni repubblicane contrasta con il principato di fatto di Cosimo de' Medici, ha assoggettato gran parte della Toscana; la repubblica di Venezia, da secoli proiettata sul mare, ha costituito un solido dominio di terraferma; gli stati di Milano e dei Savoia, formalmente eretti in ducati per decreto imperiale, si dividono il resto dell'Italia settentrionale. Sopravvivono le repubbliche di Genova, Siena e Lucca, i possedimenti degli Estensi e dei Gonzaga. Sebbene a lungo turbata da scontri fra fazioni per il controllo del governo urbano e da conflitti fra città per l'egemonia su scala regionale, nonché duramente toccata dalle epidemie del Trecento con le loro ripercussioni economiche e sociali, l'Italia degli ultimi due secoli del Medioevo mantiene, grazie al predominio dei suoi uomini d'affari nel commercio internazionale, una prosperità di fondo, cui si associa una straordinaria crescita civile e culturale. Città maggiori e minori trasformano la propria struttura edilizia ricoprendosi di ampie piazze, di edifici pubblici, di palazzi signorili. Imprese come l'edificazione della cattedrale di Firenze, la ristrutturazione e l'abbellimento del Palazzo Pubblico di Siena, la costruzione del Duomo di Milano, celebrano la maestria di schiere di anonimi artigiani e il genio di artisti come Giotto (1267?-1337), Arnolfo di Cambio (1245 ca.-1302 ca.), Ambrogio Lorenzetti (1285-1348?), Filippo Brunelleschi (1377-1446). Dalla metà del Trecento cresce in Italia, più di altri paesi libera dai poteri politici troppo legati al mondo medievale, una nuova generazione di intellettuali che, sulle orme di Francesco Petrarca (1304-1374) e Giovanni Boccaccio (1313-1375), dà vita al fenomeno tradizionalmente indicato come "umanesimo": un "progressivo e quasi contagioso entusiasmo per l'Antichità" che, attraverso il recupero delle lingue, dell'arte e della filosofia classiche, rinnova le basi del sapere preparando la grande stagione del Rinascimento.

Bibliografia

R. Manselli, Il sistema degli stati italiani dal 1250 al 1454, in Storia d'Italia, diretta da G. Galasso, vol. IV, Comuni e Signorie: istituzioni, società e lotte per l'egemonia, Torino, Utet, 1981, pp. 177-263

G. Cherubini, Le città italiane dell'età di Dante, Pisa, Pacini, 1991

A.A.V.V., Le Italie del tardo Medioevo, a cura di S. Gensini, Pisa, Pacini, 1990