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La vita nei lager

La vita nei lager

Per quanto sia impossibile riassumere in poche righe l'orrore del lager e dello sterminio razziale, le composte ma drammatiche parole di un sopravvissuto come Primo Levi andrebbero sempre meditate.

“L'autocarro si è fermato, e si è vista una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata (il suo ricordo ancora mi percuote nei sogni): ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi [...].

In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente. Oggi però sappiamo che in quella scelta rapida e sommaria, ognuno di noi era stato giudicato se potesse o no lavorare utilmente per il Reich [...]. Sappiano anche che non sempre questo pur tenue principio di discriminazione in abili e inabili fu seguìto, e che successivamente fu adottato spesso il sistema più semplice di aprire le portiere dei vagoni, senza avvertimenti né istruzioni ai nuovi arrivati. Entravano in campo quelli che il caso faceva scendere da un lato del convoglio; andavano in gas gli altri [...].

Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po' di tempo come una massa oscura all'atra estremità della banchina, poi non vedemmo più nulla [...].

Dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato cento volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell’anima prima che dalla morte anonima. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare dell'uomo [...].

Questa, di cui abbiamo detto e diremo, è la vita ambigua del lager. In questo modo duro, premuti sul fondo, hanno vissuto molti uomini dei nostri giorni [...]”.

Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947