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L'impero di Carlo V

Il quadro della politica europea del XVI secolo è quantomai complesso. Nella fitta ragnatela di episodi bellici, di trattati e di strategie politiche che variamente si intersecano nel corso di questi anni tormentati, emergono quattro compagini politiche forti: la Francia, la Spagna, il regno d'Inghilterra ed il Sacro Romano Impero - formato, a sua volta, da una serie assai variegata di Stati nazionali - e retto, dal 1493 da Massimiliano I di Asburgo. Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento comincia a prendere forma anche un nuovo tipo di organizzazione statale i cui tratti salienti sono l'accentramento del potere, la presenza di un ceto di burocrati stabilmente pagati, una maggiore capacità nel controllo delle milizie. Questo nuovo tipo di Stato dà vita ad una gestione più omogenea dell'amministrazione, sia centralmente che nei diversi comparti territoriali periferici, facendo forza anche su una accresciuta uniformità legislativa. Specialmente in Francia ed in Inghilterra lo Stato risulta essere sempre più presente anche nel campo della gestione dell'economia. Dal canto suo, la penisola italiana appare in questo momento divisa ed instabile: sempre più teatro di disegni egemonici delle grandi potenze europee. Dopo la prima discesa in Italia di Carlo VIII, con la conseguente conquista di Napoli e la tardiva e debole reazione dei governanti della penisola, l'Italia fu spartita tra Spagna (Italia meridionale) e Francia (Ducato di Milano). Con la discesa di Carlo VIII in Italia (1494) ebbe termine anche il governo fiorentino di Piero de' Medici sostituito da un governo repubblicano nel quale la leadership fu, dal 1494 al 1498, tenuta dal frate domenicano Girolamo Savonarola. Con il Savonarola, vera e propria voce calamitosa del tempo, la città sperimentò i rigori di una ondata moralizzatrice che aveva avuto ben pochi precedenti: numerosi furono i roghi di beni di lusso e di oggetti d'arte, anche tutte le feste furono bandite e Cristo stesso fu dichiarato 're' della città. L'esperienza savonaroliana, al di là dei suoi risvolti localistici legati alla vita interna fiorentina, testimoniava di una inquietudine profonda presente un poco ovunque nella penisola. Furono questi, infatti, gli anni nei quali il cosiddetto "sistema degli Stati italiani", fin allora restati in sostanziale equilibrio, andò disgregandosi. Celebre è l'analisi che di questo "crollo" ebbero a fare Machiavelli e Guicciardini. Se per Guicciardini la fine dell'equilibrio era da addebitarsi alla morte di un politico abile e carismatico come Lorenzo de' Medici per Machiavelli ciò era da cercare nella intrinseca e annosa debolezza delle diverse formazioni politiche italiane, le quali avevano eserciti mercenari poco affidabili, sudditi che non erano consapevoli dell'importanza della libertà dei loro Stati, principi privi di coraggio e di strategie politiche di ampio respiro.

Sul piano internazionale, quando Carlo d'Asburgo venne eletto imperatore nel 1519, parve ad alcuni che il potere del Sacro Romano Impero fosse resuscitato: i suoi domini erano immensi, il suo programma politico ambizioso e venato di ideali universalistici di stampo medievale, i suoi nemici potenti (si pensi agli Ottomani), le battaglie alle quali veniva chiamato addirittura epocali (si pensi alla lotta contro i principi tedeschi che avevano abbracciato il credo luterano). Il sogno politico di Carlo V si frantumò tuttavia assai presto e, nello scontro con la Francia di Francesco I Valois, egli risultò largamente perdente. Dopo una serie di guerre tra Francia ed Impero, protrattesi, tra interruzioni e riprese, dal 1520 al 1559, la pace "cattolica" di Cateau-Cambrésis non riuscì che a disegnare una precaria geografia politica dell'Europa. Tuttavia, nonostante la costante ed esasperata conflittualità mostrata dalla grandissima parte dei soggetti politici, il XVI secolo fece registrare una consistente e generale ripresa economica: essa riguardò il settore minerario e le diverse attività metallurgiche ad esso connesse. Anche l'industria tessile restò in questo periodo uno dei settori trainanti dell'economia europea. La popolazione subì una rapida crescita (con l'esclusione dell'Europa orientale) e le città assunsero dimensioni per l'epoca inusitate, anche se la gran parte degli europei continuò a vivere nelle aree rurali, giacché l'agricoltura continuò ad essere la principale fonte di occupazione e di sostentamento. Un fenomeno relativamente nuovo fu il generale rialzo dei prezzi che si registrò in tutta l'Europa; esso dipese dal generale incremento della domanda e dall'afflusso di metalli preziosi dalle Americhe. L'aumento generalizzato dei prezzi fu anche alla base di una diffusa trasformazione della distribuzione sociale della ricchezza. Trasformazione che avvantaggiò imprenditori e mercanti, mentre determinò un ridimensionamento del peso economico di tutti i grandi proprietari terrieri. Città come Anversa, Lione, Londra diventarono importantissimi centri finanziari, alcune grandi famiglie di banchieri (i Medici e gli Strozzi, ma soprattutto i Welser e i Fugger) giunsero perfino a finanziare diverse case regnanti europee, costrette ad ingenti esborsi di denaro a causa delle guerre che le vedevano protagoniste.

Bibliografia

H. G. Koenigsberger , G. L. Mosse, G. Q. Bowler, L'Europa del Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 1990

F. A. Yates, Astrea. L'idea di Impero nel Cinquecento, Torino, Einaudi, 1978

S. Bertelli , Il corpo del re. Sacralità del potere nell'Europa medievale e moderna, Firenze, 1990