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Roma repubblicana

Verso la metà del IV secolo a.C. iniziò quel moto di espansione sempre più rapido che portò la città di Roma ad unificare l'Italia peninsulare. Tappe fondamentali di questa conquista sono la sottomissione del Lazio e di parte della Campania (348-326 a.C.), la conquista, a conclusione dello scontro con i Sanniti (326-283 a.C.), di quasi tutte le altre regioni dell'Italia centro-meridionale e, dopo la guerra con Taranto, delle città della Magna Grecia (283-264 a.C.). Con la presa della Magna Grecia, Roma ormai entrava in diretta concorrenza con Cartagine, la maggiore potenza economica e commerciale del Mediterraneo: inevitabile uno scontro armato tra le due città. La guerra con Cartagine impegnò Roma per tutta la seconda metà del III secolo a.C.; a conclusione della prima guerra punica (264-241 a.C.), passarono sotto il dominio di Roma Sicilia, Sardegna e Corsica, le prime province romane; al termine della seconda (218-201 a.C.), la potenza cartaginese risultava gravemente ridimensionata. Con gli inizi del II secolo a.C. Roma, proiettata verso le dimensioni di potenza egemone del Mediterraneo, oltre a continuare la sua espansione in Gallia Cisalpina e poi in Gallia meridionale, si volse all'Oriente contro i regni ellenistici di Macedonia e Siria. Con una serie di guerre vittoriose Roma divenne la padrona assoluta dell'intero Mediterraneo. Verso la metà del II secolo a.C. l'imperialismo romano mostrò la sua faccia più dura: la Macedonia fu ordinata provincia, Cartagine fu rasa al suolo (terza guerra punica), Corinto venne distrutta, togliendo alla Grecia ogni speranza di indipendenza. Questo periodo di espansione, frutto, all'interno della classe dirigente romana, del prevalere degli interessi degli imprenditori commerciali, coincise con un periodo di gravi difficoltà interne. Si accentuò il contrasto tra ceto senatorio e equestre, da poco protagonista nella vita politica; si aggravò la crisi economico-produttiva determinata da campagne militari sempre più estese nel tempo; si pose il problema del controllo del vasto territorio conquistato con i sistemi di governo della città-stato; il sistema della milizia cittadina fu messo in crisi dalle conquiste in terre sempre più lontane da Roma, determinando così la nascita di eserciti di professione, presupposto per le guerre civili del I secolo. È su questo sfondo che si ebbero i tentativi riformatori dei Gracchi, falliti per la miopia del ceto dirigente. Le istituzioni repubblicane, già di per sé inadeguate a governare uno stato cresciuto a dismisura in poco tempo, furono scosse da gravi conflitti sociali. La politica di Roma finì nelle mani di uomini forti, abili generali che durante le guerre di conquista avevano stretto con i loro eserciti (ormai fatti di soldati professionisti pronti a seguire il comandante che offrisse le migliori possibilità di guadagno) legami tali da farne vere e proprie truppe personali. Questi comandanti (Mario, Silla, Pompeo, Cesare) furono i protagonisti di quasi un secolo di sanguinose guerre civili. Ma, nonostante la crisi interna, l'espansione romana continuò: al termine della guerra giugurtina (111-105 a.C.), parte della Numidia divenne provincia romana e, dopo la definitiva sconfitta di Mitridate re del Ponto (74-71 a.C.), anche Ponto, Bitinia e Siria divennero province, mentre con altri regni orientali si instaurarono rapporti di vassallaggio; in occidente Cesare completò la conquista della Gallia, presto romanizzata. Gli ordinamenti interni della repubblica erano però in crisi irreversibile, anche se le istituzioni repubblicane, da un punto di vista giuridico, restavano intatte, la repubblica non esisteva più: contro ogni consuetudine democratica Cesare accumulò nelle sue mani un grande potere, che lo rendeva padrone della vita politica di Roma. Nonostante il suo assassinio in nome della restaurazione repubblicana, il processo di dissoluzione della repubblica era inarrestabile, e fu subito chiaro che altri volevano raccogliere l'eredità politica di Cesare. Dalla lotta per il potere, senza esclusione di colpi, tra Marco Antonio e Ottaviano uscì vincitore, grazie alla sua abile propaganda politica, Ottaviano. Dopo la battaglia di Azio, egli restava l'unico signore di Roma: ormai l’astro della repubblica era tramontato, mentre sorgeva all’orizzonte quello dell’impero.

Bibliografia

Data la sconfinata bibliografia esistente su Roma, si rimanda a AA.VV., Storia di Roma, Einaudi, 1988, dove, oltre ai più recenti orientamenti della critica storica è possibile trovare una vasta indicazione bibliografica.