Pietro Morovelli, Donna amorosa

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Donna amorosa
sanza merzede,
per la mia fede,
di me giucate
com'omo face
d'uno fantino,
che gio' li mosa
e gioca e ride;
da poi che vede
sua volontate,
lo 'nganna e tace:
ec[c]o amor fino!
Pur a l'inoia lo fa angosciare,
no li vuol dare
gioia d'amare:
però mal pare
lo troppo fare
quanto lo mino.
Sì che giocando
penso perire
e mal soffrire,
como l'astore
ch'è 'n perca miso
e mal guardato;
a quando a quando
lo va' vedere,
e par tenere,
lo suo segnore:
trovalo impeso
e disfilato.
Dunqua, madonna, se voi m'amate,
or mi guardate:
di me ag[g]iate,
bella, pietate;
non mi lasciate
tanto ubrïato.
Se voi, madonna, ben mi volete
como dicete,
di ciò son fello,
ch'io pur atendo bocca parlando:
ben par che voi vi dilettete
di me ch'avete,
como 'l zitello
che de l'ausello va dilettando
finché l'auzide, tanto lo tira,
e poi lo mira,
forte s'adira;
ma tosto gira,
c'aisì delira
e va giocando.
O avenente madonna mia,
in quella dia
che mi ci adussi,
li tanti passi
fue 'n aventura!
Ver è che voi veder volia;
ma non credia
che preso fosse
s'io vi guardasse
per la figura.
Ma tal si pensa scalfar, che s'ardi:
però si guardi,
e non più tardi,
da' dolzi sguardi;
ben sente dardi,
caldo e fred[d]ura.
Lo men m'e troppo, donna valente
e canoscente:
s'a me daeste
ciò ch'io disio,
per voi, madonna, ric[c]o saria;
cad io sto tut[t]o in foco ardente
ed incendente.
Se lo saveste,
come incendo io,
a voi medesma ne doleria.
Merzé, madonna, non mora ardendo!
mica no afendo
a voi, venendo
merzé cherendo:
donami gioco [ -ia].