Neri de' Visdomini, Oi forte inamoranza

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Oi forte inamoranza,
che mi conven dottare,
poi non posso mostrare
lo fino amor c'alla mia donna porto!
Nulla agio speranza,
poi non posso parlare;
altro che ['n] sospirare
e forte pianger non agio conforto.
Co lagrime dogliose
credo cacc[i]ar lo male
ma tut[t]avia più sale - e[d] avanza,
e cresce mia voglienza;
e sempre ò gran temenza
e non agio speranza
c'aver possa alegranza - mai, nè bene.
S'eo aporto celato
lo meo 'namoramento
e già lo mio talento
non auso dir, nè chiedere merzede,
come sarò mertato?
ãnne alcun pensamento?
o spero alcuno abento?
e ciò lo mio doglioso core crede
Certo non agio intenza
di trovare pietanza
e non agio speranza. - Conver[r]ia
che [pur] ella savesse
ciò che 'l mio cor volesse
sanza nulla semblanza
ch'io no le fo d'amanza, - nè mai feci.
Oi potente Amore,
che mi desti feruta
molto crudele aguta
ne l[o] mi' core, gran torto facisti;
chè dal suo curatore
neient'è conosciuta,
nè la doglia saputa.
Deo, in che forte punto mi feristi!
chè non potrò guerire,
da poi che sta celata
la mia doglia incarnata - nel mio core
e non si può vedire;
converami languire
e di montare in pene
e zo che m'adivene - sofrire in gioia.
O fervente volere
e plaser di semblanza
e ferma disïanza,
al core de la mia donna n'andate,
sì che possa valere
la mia ferma intendanza;
dolze inamoranza
ne lo suo novello core donate
sì che lo mio affare
le sia a piacimento
ed agia gran talento - di tenermi
per suo fino servente;
e fatela fervente
in fino amor sovrano,
a ciò che non sia vano - il mio amore.
Partir non mi faria
da lealmente amare,
membrando il grande affare
che pò venire per lo fino amore:
nè rimaner vor[r]ia
senza inamorare,
ancora che penare
ello mi facc[i]a con gravoso er[r]ore.
Tant'è lo fin volere
ch'io no 'l vor[r]ia lasciare;
ma so che disperare - mi convene
s'altro no m[i] s'acede.
Dolente chi si vede
davanti a gli oc[c]hi gioia
e dimandar gli è noia - e cocente cosa!