Chiaro Davanzati, Orrato di valor dolze meo sire

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Or[r]ato di valor dolze meo sire,
alegra son se 'l vostro gentil core
canta del fino amore,
vogliendo il mio comincio perseguire:
ch'assai m'è gioia avervi a servidore,
e quand'io sento ch'ag[g]iate disire,
obrio ogne martire,
e sol di benenanza ag[g]io savore;
ca, voi mirando, amor tut[t]a m'avinge,
sì ch'io ho 'n obrio ogne altro intendimento,
e se non fosse blasmo che pavento,
io seguirei là ove l'amor mi pinge;
ma lo dolze sperare ag[g]io del pome,
lo qual credo compiér como m'avinse,
che quando cominciai tanto mi vinse,
che, pur tempo aspet[t]ando, dico: «Ome!»
Or[r]ato sire, quando inamorai
del vostro gran valor, diedivi pegno
lo cor: meco no 'l tegno,
con voi dimora poi che coninzai;
ed ho temenza, s'io più 'nanti vegno,
non io ag[g]ia destati li miei guai,
perch'io già non amai
né disiai: se 'n su questo m'avegno,
porag[g]io dir ch'amor sia poderoso,
e possa me, sì come gli altri amanti,
alegra far di canti,
ed ogne meo sospiro far gioioso.
Però fermezza deg[g]iate pigliare
ch'altra voglienza già più non m'incora,
se non ch'io atendo l'ora
com'io vi possa alegra gioia donare.
Or[r]ato sire, assai odo sovente
ch'amor non è se non ave dottanza:
chi non sente pesanza,
non pò di gran valore esser tenente.
Chi bene ama non voglia soverchianza,
ma sostenere in gioia umilemente
ciò c'ha d'amor presente,
e tut[t]ora afinando sua speranza,
tut[t]or celando la sua openïone,
fug[g]endo blasmo e seguendo umiltate:
credo ben che lo fate,
tant'è la vostra nobil discrezione.
Ed eo medesma, avegna non sia sag[g]ia,
lo nostro amor vogliendo ricelare,
assai sento penare,
tempo aspet[t]ando a ciò che m'incorag[g]ia.
Or[r]ato sire, dolze meo segnore,
confortate ch'io più di voi incendo,
né già vita non prendo
se non solo di pervenire alore
com'io vi possa sodisfar, gaudendo,
di quel laond'io fui cominciatore:
più di voi n'ho dolore,
e fra me stessa sospiro piangendo;
e se non fosse ch'io non mi dispero,
pensando de la vostra gentilia,
ché so ch'avete tanta cortesia,
ch'atender tempo non vi fia guer[r]ero;
e poi direte a me s'io fo fallenza,
e ferma sicurtà di me credete
che, più che non son mia, vostra m'avete,
di quanto più avesse in me potenza.
Or[r]ato sire, s'io non v'ho servito,
per non volere già non ho lasciato,
e assai mi fora in grato
che 'l mio talento fossene seguito:
ch'io v'amo ed amerò ed ag[g]io amato,
ed ogne altro disïo m'è fug[g]ito;
lo vostro fino amor m'e sì agradito,
c'ogne valore avetemi furato.
Però convien si compia lo disio,
e séguiti lo bon cominciamento:
di ciò prendete da me fermamento
che solamente è questo il voler mio,
di perseguire lo vostro piacere
e non tardar già lungo temporale;
però vi priego, se di me vi cale,
che bon conforto sia in vostro pensiere.