Panuccio dal Bagno, Considerando la vera partenza

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Considerando la vera partenza
c'ho fatta intera d'ogni vano amore,
e 'l gravoso dolore
ch'aggio sentito 'n sua star signoria,
pòte di gioia aver meo cor essenza,
poi che disfatto lui ho, meo guerrero,
e preso in disamore
Ogni d 'amanza sua cosa e poi via,
la qual quando seguìa,
porgea tristizia in me d'ognunque pene,
non resentendo bene
d'alcun piacer, ma greve ogni doglienza;
unde miso a perdenza
avea mia mente, corpo, alma e core,
su' poderato essendo in me furore.
E quanto d'altro più fui doloroso,
ciascun dolor di lui, lasso! sentendo,
tanto dico, gioiendo,
deggio portar via più d'altr'allegrezza,
poi che'n vertà sono vero amoroso,
e, partito d'amore, amor prendendo
e diritta seguendo
d'anima voglia, che fu in iscurezza,
la qual giunse gravezza,
e reformando in lei iroso male,
imperciò ch'è penale
possa seguir diritta e torta intenza,
ma, or che dipartenza
ho di lui fatto, seguo ogni memòra
e quant'ontai con esso senza mora.
Non sentimento mai ebbi di gioia,
seguendo in lui voler fer' ed ontoso,
né mai ebbi riposo
per isperanza d'alcun ben che sia:
e che sembrav'a me bene, era noia
e ogni vero bene, oltra gravoso,
per che sempre angoscioso
viveva dimorando in tal follia.
Unde perduto avia
ogne vertù che mise in me natura,
sì che solo figura
mantenea d'omo e non punto scienza
e l'alta canoscenza
de la ragion, la qual or non tutt'aggio,
unde vivea ferale oltra selvaggio.
Del dolor che porgea in me mainera
chero ferma cagione adimostrare,
e volendo contare
com' riformava in me suo gran tormento,
non tormentava me di doglia fèra,
come sensibil corpo in dar penare,
ma solo in disiare,
tardando ciò che m'era piacimento;
che non pò far contento
alcuna cosa u'om' non porti anlallza,
tuttor sia'n sua possanza,
e dove porti già non possa avere.
Ah! che grev'è 'l dolere
u' solo perda alquanto ad ella viso:
dico tormenta, se disira fiso.
E non sentiva per lo su' operare,
ma cagion era in cio ch'era operato,
unde segondo stato
di natura mi dava isvariamento;
farmi voler che non potea 'cquistare
e perder che gradivo avea 'cquistato
e 'n ciascun d'esti grato
porgìami svariato sentimento.
E tal suo creamento
adoperava in me diversa offensa,
e dico: «Om' per potenza
ciò ch'ha 'quistato amando u' prende gioia,
sed ei perde, poi noia
gli abbonda maggio che non fé il deletto,
per che nostra natura è in defetto.»
Com'operava in mevi il suo sentire,
tutto languir diviso ogni piacere,
al desentir dolere
da me diviso d'ognunque suo male,
e dammi noia in che ferm' ho gradire
e fammi che volea tutto isvolere
ed el desio podere
ch'era costretto a desiar infinale
e diverso, già quale
non potea aver mai compimento
ed il suo potimento
diliberato in tutto aver disio,
sì che mis'ho in obrio
ogni sentir di lui fermo e ricordo,
stando a membranza di lui, mai sempre ordo.
Se disdegnanza Amore alcuna ha presa,
volendo apporre offesa,
ch'e' fui 'n sua signoria, or ne son fòra,
di colui che restora
il tormento c'ha avuto ogni mio fallo
e che per vero sallo,
ni vorrea senza stato esser sua doglia,
per la qual credo in me più gioi' s'acoglia.
Anco maggio difensa,
la qual misura sostien di ragione,
ha maggi' offensione,
ch'om non seguir dea mal tutto deletto,
né senta ov'ha defetto
maggiormente non donque ov'ha 'frissione
e corporale eterna confusione.