Brunetto Latini, Il Tesoretto, XIII

Altre Opere Bibliografia


Or va mastro Burnetto
per un sentiero stretto,
cercando di vedere
e toccar e sapere
ciò che l'è destinato;
e non fu' guari andato
ch'i' fu' nella deserta,
dov' io non trovai certa
né strada né sentero.
Deh, che paese fero
trovai in quella parte!
Ché, s'io sapesse d'arte,
quivi mi bisognava,
ché, quanto io più mirava,
più mi parea salvaggio:
quivi non ha vïaggio,
quivi non ha magione,
quivi non ha persone,
non bestia, non uccello,
non fiume, non ruscello,
né formica né mosca
né cosa ch'io cognosca.
Ed io, pensando forte,
dottai ben de la morte:
e non è maraviglia,
ché ben trecento miglia
durava d'ogne lato
quel paese ismaggiato.
Ma sì m'asicurai
quando mi ricordai
del sicuro segnale
che contra tutto male
mi dà sicuramento;
e io presi andamento
quasi per aventura
per una valle scura,
tanto ch'al terzo giorno
io mi trovai d'intorno
un grande pian giocondo,
lo più gaio del mondo
e lo più dilettoso.
Ma ricontar non oso
ciò ch'i' trovai e vidi:
se Dio mi porti e guidi,
io non sarei creduto
di ciò ch'i' ho veduto;
ch'i' vidi imperadori
e re e gran segnori,
e mastri di scïenze
che dittavan sentenze,
e vidi tante cose
che già in rime né in prose
no·lle porria contare;
ma sopra tutti stare
vidi una imperadrice
di cui la gente dice
che ha nome Vertute,
ed è capo e salute
di tutta costumanza
e de la buona usanza
e d'i be' reggimenti
a che vivon le genti;
e vidi agli occhi miei
esser nate di lei
quattro regine figlie;
e strane maraviglie
vidi di ciascheduna,
ch'or mi parea pur una,
or mi parean divise
e 'n quattro parti mise,
sì ch'ognuna per séne
tenean sue propie mene,
ed avean su' legnaggio,
su' corso e su' vïaggio,
e 'n sua propria magione
tenean corte e ragione;
ma non già di paraggio,
ché l'un' è troppo maggio,
e poi di grado a grado
catuna va più rado.