Brunetto Latini, Il Tesoretto, XI

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Apresso esta parola
voltò 'l viso e la gola,
e fecemi sembianza
che sanza dimoranza
volesse visitare
e li fiumi e lo mare.
E, sanza dir fallenza,
ben ha grande potenza,
ché, s'io vo' dir lo vero,
lo suo alto mistero
è una maraviglia:
ché 'n un'ora compiglia
e cielo e terra e mare
compiendo suo affare,
ché 'n così poco stando
al suo breve comando
io vidi apertamente,
come fosse presente,
i fiumi principali,
che son quattro, li quali,
secondo il mio aviso,
movon di Paradiso,
ciò son Tigre e Fisòn,
Eofrade e Gïòn.
L'un se ne passa a destra
e l'altro ver' sinestra,
lo terzo corre in zae
e 'l quarto va di lae:
sì ch'Eufrade passa
ver' Babillona cassa
i·Mesopotanìa,
e mena tuttavia
le pietre preziose
e gemme dignitose
di troppo gran valore
per forza e per colore.
Gïòn va in Etïopia,
e per la grande copia
d'acqua che 'n esso abonda,
bagna de la sua onda
tutta terra d'Egitto
e l'amolla a diritto
una fiata l'anno
e ristora lo danno
che lo 'Gitto sostene,
che mai pioggia non viene:
così serva su' filo
ed è chiamato Nilo;
d'un su' ramo si dice
ched ha nome Calice.
Tigre tien altra via,
chè corre per Soria
sì smisuratamente
che non è om vivente
che dica che vedesse
cosa che sì corresse.
Fisòn va più lontano,
ed è da noi sì strano
che, quando ne ragiono,
io non trovo nessuno
che l'abbia navicato,
né 'n quelle parti andato.
E in poca dimora
provide per misura
le parti del Levante,
lì dove sono tante
gemme di gran vertute
e di molte salute;
e sono in quello giro
balsime ed ambra e tiro
e lo pepe e lo legno
aloè, ch'è sì degno,
e spigo e cardamomo,
gengiov' e cennamomo
e altre molte spezie,
che ciascuna in sua spezie
è migliore e più fina
e sana in medicina.
Apresso in questo poco
mise in asetto loco
le tigre e li grifoni
e leofanti e leoni,
cammelli e drugomene
e badalischi e gene
e pantere e castoro,
le formiche dell'oro
e tanti altri animali
ch'io non posso dir quali,
che son sì divisati
e sì dissomigliati
di corpo e di fazzone,
di sì fera ragîone
e di sì strana taglia
ch'io non credo, san' faglia,
ch'alcuno omo vivente
potesse veramente
per lingua o per scritture
recittar le figure
de le bestie ed uccelli,
tanto son, laidi e belli.
Poi vidi immantenente
la regina piagente
che stendëa la mano
verso 'l mare Ucïano,
quel che cinge la terra
e che la cerchia e serra,
e ha una natura
ch'è a veder ben dura,
ch'un'ora cresce molto
e fa grande timolto,
poi torna in dibassanza;
così fa per usanza:
or prende terra, or lassa,
or monta, or dibassa;
e la gente per motto
dicon c'ha nome fiotto.
E io, ponendo mente
là oltre nel ponente
apresso questo mare,
vidi diritto stare
gran colonne, le quale
vi pose per segnale
Ercolès lo potente,
per mostrare a la gente
che loco sia finata
la terra e terminata:
ch'egli per forte guerra
avea vinta la terra
per tutto l'uccidente,
e non trova più gente.
Ma doppo la Sua morte
sì son gente raccorte
e sono oltre passati,
sì che sono abitati
di là, in bel paese
e ricco per le spese.
Di questo mar ch'i' dico
vidi per uso antico
nella perfonda Spagna
partire una rigagna
di questo nostro mare,
che cerehia, ciò mi pare,
quasi lo mondo tutto,
sì che per suo condotto
ben pò chi sa dell'arte
navicar tutte parte,
e gire in quella guisa
di Spagna infin a Pisa
e 'n Grecia ed in Toscana
e 'n terra ciciliana
e nel Levante dritto
e in terra d'Igitto.
Ver' è che 'n orïente
lo mar volta presente
ver' lo settantrïone
per una regïone
dove lo mar non piglia
terra che sette miglia;
poi torna in ampiezza,
e poi in tale stremezza
ch'io non credo che passi
che cinquecento passi.
Da questo mar si parte
lo mar che non comparte,
là 'v'e la regïone
di Vinegia e d'Ancone:
così ogn'altro mare
che per la terra pare
di traverso e d'intorno,
si move e fa ritorno
in questo mar pisano
ov'è 'l mare Occïano.
E io che mi sforzava
di ciò che io mirava
saver lo certo stato,
tanto andai d'ogne lato
ch'io vidi apertamente,
davanti al mio vidente,
di ciascuno animale
e lo bene e lo male
e la lor condizione
e la 'ngenerazione
e lo lor nascimento
e lo cominciamento
e tutta loro usanza,
la vista e la sembianza.
Ond'io aggio talento
nello mio parlamento
ritrare ciò ch'io vidi.
Non dico ch'io m'afidi
di contarlo pe·rima
dal piè fin a la cima,
ma 'n bel volgare e puro,
tal che non sia oscuro,
vi dicerò per prosa
quasi tutta la cosa
qua 'nanti da la fine,
perché paia più fine.