Brunetto Latini, Il Tesoretto, VII

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E poi che l'ebbe detto,
davanti al suo cospetto
mi parve ch'io vedesse
che gente s'acogliesse
di tutte le nature
(sì come le figure
son tutte divisate
e diversificate),
per domandar da essa
ch'a ciascun sia permessa
sua bisogna compiére;
ed essa, ch'al ver dire
ad ognuna rendea
ciò ched ella sapea
che 'l suo stato richiede,
così in tutto provede.
E io, sol per mirare
lo suo nobile affare,
quasi tutto smarrìo;
ma tant' era 'l disio,
ch'io avea, di sapere
tutte le cose vere
di ciò ch'ella dicea,
ch'ognora mi parea
maggior che tutto 'l giorno:
sì ch'io non volsi torno,
anzi m'inginocchiai
e merzé le chiamai
per Dio, che le piacesse
ched ella m'acompiesse
tutta la grande storia
ond'ella fa memoria.
Ella disse esavia:
«Amico, io ben vorria
che ciò che vuoli intendere
tu lo potessi imprendere,
e sì sotile ingegno
e tanto buon ritegno
avessi, che certanza
d'ognuna sottiglianza
ch'io volessi ritrare,
tu potessi aparare
e ritenere a mente
a tutto 'l tuo vivente.
E comincio da prima
al sommo ed a la cima
de le cose crëate,
di ragione informate
d'angelica sustanza,
che Dio a Sua sembianza
crëò a la primera.
Di sì ricca manera
li fece in tutte guise
che 'n esse furo assise
tutte le buone cose
valenti e prezïose
e tutte le vertute
ed eternal salute;
e diede lor bellezza
di membra e di clarezza,
sì ch'ogne cosa avanza
biltate e beninanza;
e fece lor vantaggio
tal chent' io diraggio:
che non possen morire
né unquema' finire.
E quando Lucifero
si vide così clero
e in sì grande stato
grandito ed innorato,
di ciò s'insuperbio,
e 'ncontro al vero Dio,
Quello che l'avea fatto,
pensao d'un maltratto,
credendo Elli esser pare.
Così volse locare
sua sedia in aquilone,
ma la sua pensagione
li venne sì falluta
che fu tutt' abattuta
sua folle sorcudanza,
in sì gran malenanza
che, s'io voglio 'l ver dire,
chi lo volse seguire
o tenersi con esso
de regno for fu messo,
e piovvero in inferno
e 'n fuoco sempiterno.
Apresso imprimamente
in guisa di serpente
ingannò collo ramo
Eva, e poi Adamo;
e chi chi neghi o dica,
tutta la gran fatica,
la doglia e 'l marrimento,
lo danno e 'l pensamento
e l'angoscia e le pene
che la gente sostene,
lo giorno e 'l mese e l'anno,
venne da quello inganno;
e·lado ingenerare
e lo grave portare
e 'l parto doloroso
e 'l nudrir faticoso
che voi ci sofferite,
tutto per ciò l'avete;
lavorero di terra,
astio, invidia e guerra,
omicidio a peccato
di ciò fue coninciato:
ché 'nanti questo tutto
facea la terra frutto
sanza nulla semente
o briga d'on vivente.
Ma questa sottiltate
tocc' a Divinitate,
ed io non m'intrametto
di punto così stretto,
e non aggio talento
di sì gran fondamento
trattar con omo nato.
Ma quello che m'è dato,
io lo faccio sovente:
che se tu poni mente,
ben vedi li animali
ch'io no·lli faccio iguali
né d'una concordanza
in vista né in sembianza;
erbe e fiori e frutti,
così gli albori tutti:
vedi che son divisi
le natur' e li visi.
Acciò che t'ho contato
che l'omo fu plasmato
posci' ogne crëatura,
se ci ponessi cura,
vedrai palesemente
che Dio onnipotente
volse tutto labore
finir nello migliore:
ca chi ben inconinza
audivi per sentenza
ched ha bon mezzo fatto;
ma guardi, puoi dal tratto,
ca di reo compimento
aven dibassamento
di tutto 'l convenente;
ma chi orratamente
fina suo coninciato,
da la gente è laudato,
sì come dice un motto:
"La fine loda tutto".
E tutto ciò ch'on face,
pensa o parla o tace,
a tutte guise intende
a la fine ch'atende:
dunqu' è più grazìosa
la fine d'ogne cosa
che tutto l'altro fatto.
Però ad ogne patto
dé omo accivire
ciò che porria seguire
di quella che conenza,
ch'aia bella partenza.
E l'om, se Dio mi vaglia,
crëato fu san' faglia
la più nobile cosa
e degna e prezïosa
di tutte crëature:
così Que' ch'è 'n alture
li diede segnoria
d'ogne cosa che sia
in terra figurata;
ver' è ch'è 'nvizïata
de lo primo peccato
dond' è 'l mondo turbato.
Vedi ch'ogn'animale
per forza naturale
la testa e 'l viso bassa
verso la terra bassa,
per far significanza
de la grande bassanza
di lor condizïone,
che son sanza ragione
e seguon lor volere
sanza misura avere:
ma l'omo ha d'alta guisa
sua natura divisa
per vantaggio d'onore,
che 'n alto a tutte l'ore
mira per dimostrare
lo suo nobile affare,
ched ha per conoscenza
e ragione e scienza.
Dell'anima dell'uomo
io ti diraggio como
è tanto degna e cara
e nobile e preclara
che pote a compimento
aver conoscimento
di ciò ch'è ordinato
(sol se·nno fue servato
in divina potenza):
però sanza fallenza
fue l'anima locata
e messa e consolata
ne lo più degno loco,
ancor che sïa poco,
ched è chiamato core.
Ma 'l capo n'è segnore,
ch'è molto degno membro;
e s'io ben mi rimembro,
esso è lume e corona
di tutta la persona.
Ben è vero che 'l nome
è divisato, come
la forza e la scïenza:
ché l'anima in parvenza
si divide e si parte
e ovra in prusor parte.
Che se tu poni cura
quando la crïatura
vede vivificata,
è anima chiamata;
ma la voglia e l'ardire
usa la gente dire:
"Quest' è l'animo mio,
questo voglio e disio";
e l'om savio e saccente
dicon c'ha buona mente;
e chi sa giudicare
e per certo trïare
lo falso dal diritto,
ragione è nome detto;
e chi saputamente
un grave punto sente
in fatt' o in dett' o in cenno,
quelli è chiamato senno;
e quando l'omo spira,
l'alena manda e tira,
è spirito chiarnato.
Così t'aggio contato
che 'n queste sei partute
si parte la vertute
ch'all'anima fu data,
e così consolata.
Nel capo son tre çelle,
e io dirò di quelle.
Davanti è lo ricetto
di tutto lo 'ntelletto
e la forza d'aprendere
quello che puoi intendere;
in mezzo è la ragione
e la discrezïone,
che cerne ben da male,
e lo torto e l'iguale;
di dietro sta con gloria
la valente memoria,
che ricorda e ritene
quello che 'n esso avene.
Così, se tu ti pensi,
son fatti cinque sensi,
d'i quai ti voglio dire:
lo vedere e l'udire,
l'odorare e 'l gostare,
e dapoi lo toccare;
questi hanno per ofizio
che lo bene e lo vizio,
li fatti e le favelle
ritornano a le zelle
ch'i' v'aggio nominate,
e loco son pesate.