Dante da Maiano, Tutto ch'eo poco vaglia

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Tutto ch'eo poco vaglia,
sforzerommi a valere,
perch'eo vorria plagere
a l'amorosa cui servo mi dono.
E de la mia travaglia
terraggio esto savere,
che non farò parere
ch'Mor m'aggia gravato com'eo sono;
ch'a validor valente
pregio e cortesia
non falla né dismente:
non dico ch'eo ciò sia,
ma vorria similmente
valer, s'unque poria.
D'amar lei non mi doglio;
ma' che mi fa dolere
lo meo folle volere,
che m'ave adutto ãmar sì alt'amanza.
Sovente ne cordoglio,
no sperando potere
lo meo disio compiére
né pervenire in sì grand'allegranza;
ma' che mi dà conforto
ch'ave nocchier talora
contra fortuna porto:
oosì di mia 'nnamora
non prendo disconforto,
né mi dispero ancora.
Omo che 'n disperanza
si gitta per doglienza,
disperde canoscenza
e prende loco e stato di follia;
allor face mostranza,
secondo mia parvenza,
che poca di valenza
ritegna ed aggia sua vil segnoria.
Ma quelli è da pregiare
che d'un greve dannaggio
si sa ben confortare;
ed eo simil usaggio
terrò del meo penare;
già non dispereraggio.
Aggio visto mant'ore
magn'omo e poderoso
cader basso, e coitoso
partir da gioco e d'ogne dilettanza;
e visto aggio di core
irato e consiroso
venir gaio, e gioioso
in gioi poggiare e 'n tutta beninanza.
Tale vista ed usato
mi fa sperar d'avere
di ben loco ed istato.
ch'eo non deggio temere,
tanto sono avallato,
di più basso cadere.
Conforto el meo coraggio:
né ciò non ho né tegno,
m'a tal spera m'attegno
che mi fa far miracola e vertute;
ché quando più ira aggio
o più doglia sostegno,
ad un pensier m'avvegno
lo qual m'allegra e stringe mie ferute.
Cosi mi fa allegrare
la gran gioia ch'attende
lo meo cor per amare;
d'altra parte m'offende,
ch'audì' pover nomare
chi in gran riccore intende.