Dino Frescobaldi, Un sol penser che mi ven ne la mente

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Un sol penser che mi ven ne la mente
mi dà con su' parlar tanta paura,
che 'l cor non si assicura
di volere ascoltar quant'e' ragiona;
perch'e' mi move, parlando sovente,
una battaglia forte, aspra e dura,
che sì crudel mi dura,
ch'io cangio vista, e ardir m'abandona.
Ché 'l primo colpo che quivi si dona
riceve il petto nella parte manca
da le parole che 'l penser saetta;
la prima de le qual si fa sì franca,
che giugne equal con virtù di saetta,
dicendo al cor: «Tu perdi quella gioia,
onde conven che la tua vita moia».
In questo dir truov'io tanta fermezza,
che dove nascer suol conforto in pria
or piu tosto si cria
quel che mi fa di vita sperar morte:
e quivi cresce con tanta ferezza
questa speranza, che così m'è ria,
ch'ogn'altra fugge via
vint'e tremando, e questa reman forte.
E se le mie vertù fosser accorte
a far di loro scudo di merzede,
vienvi un disdegno che lo spezza e taglia;
e questi è que' che duramente fiede,
che dice a la seconda aspra battaglia:
«I' tolgo pace a tutti tuoi disiri
e dò lor forza di crudel martiri».
La terza vien così fera parlando,
e di tal crudeltà segnoria porta,
ch'assai più mi sconforta
che non faria di morir la speranza.
Questa mi dice così ragionando:
«Vedi Pietà, ch'io la ti reco scorta,
la qual fedita e morta
fu nel partir della tua bella amanza.
In te convien che cresca ogni pesanza
tanto, quanto ogni tuo ben fu 'l disio
ch'era fermato nella sua bellezza;
ché quel piacer che prima il cor t'aprio
soavemente co la sua dolcezza,
così come si mise umìle e piano,
or disdegnoso s'è fatto lontano».
Canzon, di quello onde molto mi duole
tu porterai novella
a quella giovanetta donna bella,
che più bell'è che 'l sole.
Tu la vedrai disdegnosa ridendo
render grazia a colui
che co' martiri suoi
mi fa così per lei morir piangendo.