Buonagiunta Orbicciani, Quando vegio la rivera

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Quando vegio la rivera
e le pratora fiorire,
e partir lo vento ch'era,
e la state rivenire,
e li auselli in schiera
cantare e risbaldire,
no mi posso sofferire
di non farne dimostranza:
ch'io agio odito dire
ch'una grande allegranza
non si pò bene covrire,
se cotanto s'innavanza!
E l'amanza - per usanza,
c'ho de la frescura,
e li alori - che de' fiori
rende la verdura,
sì m'incora - e innamora
che mi disnatura.
Und'io trovo novi canti
per solazo degli amanti
che ne canti - tutti quanti.
Chi trova casione
fa contra rasione,
ch'or'è la stasione
di far messione,
a ciò che sia conforto
lo tempo, ch'è passato,
di quelle, c'han diporto
di core innamorato,
che non degia esser morto
chi di bon cor è amato.
Voi, pulzelle,
novelle,
sì belle,
issa vo' intendete;
maritate,
ch'amate
istate
lungamente sète;
dalli amanti
davanti
cotanti
piu non v'atenete.
Rendete le fortesse,
ché noi vegnàn per esse:
non state più in duresse.
Che l'altesse
son duresse,
che mi dimostrate;
e feresse
e crudellesse,
quando disdegnate.
Se paresse
a voi stesse,
or non v'amantate;
e vivete - in allegranza
e compiete - la speranza
di color, che n'han fidanza,
per l'altèra - primavera;
che 'l tempo è gaudente,
e la spera - e la cera
chiara de la gente.